Un musicista una volta disse che delle tre componenti di cui la musica è fatta – ritmo, melodia e armonia – l’unica davvero fondamentale è il ritmo: può non esserci melodia (immaginiamoci una canzone mononota), può non esserci armonia (immaginiamoci una canzone con un solo strumento), ma non può non esserci il ritmo, altrimenti ci sarebbe solo silenzio o un suono continuo e indistinto. Il ritmo è il primo fondamento della musica e con esso tutti gli strumenti a percussione, spesso derubricati alla serie b, sono forse quelli che precedono tutti gli altri.
Analogamente, potremmo dire che anche la vita umana si istituisce a partire da un ritmo, prima ancora che qualcosa come una melodia o un’armonia possano diventare percepibili o comprensibili. Dal momento in cui nasce, il bambino sperimenta fin da subito dei cicli/ritmi di carica-scarica pulsionale (es. fame-nutrimento) e di presenza-assenza dell’oggetto (es. la madre che va e che viene). In questo modo inizia a formarsi una simbolizzazione primaria (Freud la chiamava “bejahung”), ovvero un’alternanza tra due poli (bisogno-soddisfazione; presenza-assenza): in altre parole, ci troviamo di fronte l’istituzione di un ritmo, una prima cellula elementare a partire dalla quale l’apparato psichico potrà continuare a svilupparsi.
In fondo un ritmo non è che un’alternanza tra qualcosa che c’è (un suono) e qualcosa che non c’è (una pausa). Anche da un punto di vista fonetico, ciò che il bambino incontra in primis è questa alternanza tra presenza e assenza di puro suono, inizialmente sganciato da ogni senso. Sarà solo successivamente che il bambino acquisirà la struttura differenziata (melodica) e semantica (armonica) del linguaggio e così potrà comporre la propria musica, imparando a parlare.
